Assemblea fallimento San Gaudenzio

Venerdì scorso a Novara si è tenuta l’assemblea delle 150 famiglie coinvolte nei fallimenti San Gaudenzio e SFI. Situazione pesante ma soprattutto consapevole che la soluzione deve essere trovata con determinazione e caparbietà dalle famiglie coinvolte.
Come spiega Antonino Salerno nel comunicato stampa diffuso subito dopo l’assemblea:

[…] A distanza di 6 anni dalla dichiarazione di fallimento le famiglie hanno finalmente capito, ad un passo dall’asta, che solo un’azione collettiva e determinata, con il sostegno di CONAFI/ASSOCOND e dei media, e coordinata dall’Ufficio Fallimenti Immobiliari della Regione Piemonte, può evitare il peggio. In proposito, ci aspettiamo che la nuova Giunta regionale doti finalmente l’Ufficio citato delle risorse umane e finanziarie necessarie a raggiungere i propri scopi.
L’esperienza che abbiamo maturato in 4 anni di battaglie ci ha insegnato che affrontare in ordine sparso banche, curatori e tribunali ha un solo esito possibile: ripagare la casa o esserne cacciati. Poche le eccezioni.
Questo caso, per vicinanza geografica e per la presenza, fra gli altri, di un comune soggetto creditore: Banca Intesa, si lega alla vicenda delle 12 famiglie di Caltignaga (No) colpite dal fallimento del Consorzio Corecep.
Per Caltignaga il tavolo inaugurato ormai da un anno, sotto gli auspici della Regione Piemonte, sta segnando una battuta di arresto causata dall’irrigidimento improvviso di Banca Intesa.
Alle ripetute richieste di spiegazioni la Banca ha infine accampato le classiche motivazioni: «non possiamo venire economicamente incontro alle famiglie perché ce lo impedisce la Banca d’Italia», nientemeno, oppure «spettava alle famiglie informarsi sulla solidità dell’impresa da cui compravano», dimenticando che il fallito ha potuto operare in virtù del credito che gli era stato da loro concesso proprio perché, si presume, considerato affidabile e solvibile.
Sono argomenti ormai spuntati e superati dal dibattito pubblico che sviluppatosi negli ultimi anni ha prodotto la legge delega 210/2004.
Ci auguriamo che gli Istituti di Credito si dimostrino in futuro realmente e sinceramente dialoganti, per evitare che i tavoli di mediazione si tramutino in riti svuotati di senso. Ciò, anche in considerazione del carattere residuale che queste vertenze rivestono, stante la prossima emanazione dei decreti della legge di tutela e che la prevista fideiussione obbligatoria per il costruttore/venditore, a garanzia delle somme anticipate dai promissari, offre alle Banche, su un piatto d’argento, l’occasione di incrementare il proprio volume d’affari per i prossimi anni con un nuovo prodotto.
Poi, in nome della concretezza, occorre dire che per i rogitati (chi ha avuto il bene sì trasferito ma in presenza di un’ipoteca non cancellata dal fallito), la banca creditrice che si risolvesse per il pignoramento dell’appartamento dovrebbe aspettare mediamente 6/7 anni prima di rientrare del credito. Non conviene dunque ai bilanci dell’Istituto, ma anche alla propria immagine, rientrare subito dall’esposizione in cambio di una mano tesa alle vittime?
O, forse, la Banca gioca psicologicamente col tempo per fiaccare la resistenza delle famiglie? Se così fosse occorre ricordare che l’art. 41 della nostra Carta costituzionale impegna tutte le imprese italiane o che in Italia operano, ad un’iniziativa economica che «non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Insomma, libertà d’impresa non significa agire in un vuoto pneumatico autoreferenziale in cui è sufficiente render conto del proprio operato ai soli azionisti.
CONAFI/ASSOCOND Piemonte
Antonino Salerno