Così ne scrive e a me piace ricordarlo come il carattere che vorrei fosse di tutti coloro che hanno attraversato le vicende che in questo blog sono documentate.
Apro un documento nuovo, con un nome triste.
È il momento di mettere, nero su bianco, i molti, o troppi, pensieri che si affastellano disordinati nella mia mente, dopo notti di poco sonno e tante lacrime.Papà non c’è più: ha lasciato la scena della vita nel giro di poche ore, battendo sul tempo i medici.
Lasciandoli lì, perplessi, a domandarsi perché, cosa o dove, mentre lui già se ne era andato.In realtà era semplicemente stanco.
Stanco di non poter vivere come avrebbe voluto: in movimento, in fretta, in agilità.
Lui che correva in moto, in macchina o sugli sci, che nuotava e si immergeva, che amava volare, i cavalli e il loro saltare…Invece negli ultimi tempi muoversi era per lui una sofferenza, forse non tanto fisica quanto mentale: sentiva il suo corpo troppo lento, sempre in ritardo sui suoi pensieri.
Troppo grande, e ogni giorno di più, la distanza tra quello che avrebbe voluto e quel che poteva fare.Forse non c’è più malato di chi non vuol più vivere.
Questo i medici non lo hanno capito, persi tra parametri fisici e dosaggi di farmaci. Moderni stregoni che pensano da meccanici.Non dovremmo essere tristi per lui: se lo siamo è solo perché ci mancherà il suo carattere difficile e spigoloso, ma fin troppo trasparente.
Si spacciava per duro, ma era facile alla lacrima.
E chi lo conosceva davvero, lo sa.Ora i miei tanti pensieri, accatastati e confusi, aspettano di essere messi in ordine: ci vorrà, com’è giusto, tempo.
E come sempre accade, i ricordi più belli rimarranno a galla nel mare della mia memoria.Paolo Zebelloni